Cardi

Bernardi Roig

08 May - 28 Jun 2008

© Bernardi Roig
BERNARDI ROIG
"Notes on clear, sighted blindness"

From: 8 May 2008
To: 28 June 2008

La Galleria Cardi inaugura a Milano la seconda mostra personale dell’artista Bernardì Roig (Palma di Maiorca -1965), in contemporanea con la presentazione della sua scultura pubblica “L’Uomo della Luce”, commissionata dalla Triennale di Milano e installatata a Palazzo Isimbardi, sede della provincia di Milano. Per la mostra “Notes on clear-sightead blindness” (Appunti per una lucida cecità), Bernardì Roig propone una serie di lavori del 2007 (video, sculture, pittura, disegni) attraverso i quali ha materializzato il suo singolare universo ossessivo. Queste opere hanno un filo conduttore comune, ossia la riflessione che si sviluppa intorno al concetto della luce: la sua manifestazione eccessiva, la cecità, l’incapacità dello sguardo, l’assenza dell’incontro, l’invisibilità e tutte le metafore che ne derivano. Le sculture sono prodotte in resina di poliestere e realizzate sul modello di persone reali. Tutti i suoi soggetti tengono gli occhi chiusi di fronte ad un bagliore che li acceca e li conduce dalla dimensione materiale e fisica a quella individuale e profonda della propria solitudine, ferita e segnata dalle molte sconfitte che, inevitabilmente, condizionano i tratti delle figure stesse. Soggetti isolati, alcuni congelati da un freddo ossidante e sottomessi alla greve e consapevole assenza di una propria identità, avvolte in un bianco glaciale e metafisico che sottintende il fallimento della parola, e quindi la certezza che non esiste comunicazione possibile. La mitologia greca ci racconta come Acteon vide quello che non doveva vedere e pagò un alto prezzo a causa del suo sguardo. Così anche Teresias, colpevole di aver sorpreso la Dea Atena durante un bagno, venne punito con la cecità. La Dea successivamente si pentì di tale punizione e, non potendo annullare il castigo inflittogli, gli concesse il prezioso dono di vedere dove non può arrivare la vista. Che ne sarà della Verità, si domanda Bataille, se non fossimo capaci di vedere oltre il limite della nostra vista? Veniamo da una tradizione che ha costruito con le immagini della luce e dell’illuminazione alcuni simboli fondamentali del pensiero. Nell’antichità i classici si strappavano gli occhi per comprendere il mistero della cecità. Infliggersi la più profonda oscurità propiziava le visioni. Questi lavori interpretano una dimensione spaziale estrema, nella quale siamo catapultati con l’impresa ardua di riuscire davvero ad aprire gli occhi davanti a noi. Siamo tutti prigionieri di questa faticosa condizione imposta dalla realtà moderna in cui viviamo e che costringe ogni uomo ad ancorarsi ad una cecità ideale, grazie alla quale l’uomo si concede a visioni che ha bisogno di vedere per vivere. In questa atmosfera visionaria coperta da incertezza, apparizioni, ombre e minacce, Bernardì Roig traccia uno spazio limite tra il sogno e la realtà, un luogo definito paradossalmente dall’assenza di definizioni certe. Le opere esposte alla Galleria Cardi apparentemente rappresentano il soggetto nel suo spazio e si caratterizzano di un minimalismo stilistico essenziale, caposaldo fondamentale nell’arte della luce e delle fosforescenze di Dan Flavin. Mi interessa lo spazio teatrale che inventa il minimalismo, dove la scultura perde il piedistallo, si ricolloca tra gli oggetti e si ridefinisce in termini di luogo. Ma una volta capito questo, il minimalismo cessa di interessarmi perché esaurisce il modello formalista della modernità. E’ idealista, riduttore e amnesico. E io sono un figlio di Pompeya che assume l’eredità visuale del cristianesimo, l’idea dell’incarnazione e non posso dimenticare che il rosso di un vaso di Creta contiene la memoria dell’ultimo tramonto. Flavin usa il fosforescente come tecnica, precisamente per desmaterializzare lo spazio, metafora che mi aiuta per costruire un racconto.Il significato nel mio lavoro è posizionare la figura nello spazio e aspettare che avvengano attriti . Nonostante io sia vicino artisticamente a Bruce Nauman riconosco in Dan Flavin, nella sua essenza sintattica ereditata dal minimalismo, una nuova arte che si esprime attraverso la sequenza, la ripetizione e l’annoiamento..(BR) Oltre alla volontà narrativa ed alla sua meticolosa rappresentazione, Bernardì Roig dimostra, in queste opere, una spiccata predilezione per l’aspetto scenografico del Barocco nella sua tendenza più teatrale. Sono molto attratto dal Barocco e dal suo senso scenografico. Mi si accusa di essere eccessivo e ossessivo perché interpreto l’immagine come un concentrato di esperienza incomunicata e questa convulsione disordinata probabilmente mi porta all’ esagerazione. Coloro che difendono la repressione drammatica non incontrano il mio pensiero. Non c’è da temere l’eccesso, probabilmente unica forma per avvicinarsi a qualcosa, anche se c’è tanta gente che preferisce, ancora oggi, la palude del formalismo fossilizzato. E’ il tessuto del linguaggio e il desiderio che rende il soggetto protagonista di un grande evento raccontato. Io ho bisogno di questo racconto per costruire le immagini e metterle in scena.(BR) Il critico d’arte Gianni Mercurio nel suo testo “Lies Never Lies”, scritto per il catalogo “Bernardì Roig al Museo Bilotti di Roma”,scrive quanto segue: “Il passo successivo è il ricorso alla luce artificiale, come elemento da porre in una relazione di complementarietà e specularità con i corpi rappresentati. Il rapporto che questi nuovi materiali intrattengono con il substrato culturale e intellettuale in Roig – radicato nelle teorie filosofiche del linguaggio, nel teatro dell’assurdo e nella mitologia postmoderna – produce in lui un’alchimia dell’immaginazione e, di rimando, un’alchimia dell’immagine: di volta in volta l’artista gioca tra fisicità e rappresentazione, tra la manifestazione della brutalità corporea e la sua sublimazione metafisica, rintracciando un punto di convergenza tra queste tensioni opposte. Il superamento della modernità per Roig sta nel ripristino del racconto che vede, in contiguità con una tradizione di tipo cristologico, il concetto convertito in carne: il Verbo sancisce l’ingresso. Le storie sono per Roig materiale espressivo e visivo assorbito nel processo della parola”. In questo caso la narrazione si prospetta come la rappresentazione dell’estrema difficoltà di trasferire la luce attraverso le immagini al di là dei principi stessi della visibilità. Come vedere quello che ci acceca? Come parlare del tempo e dello spazio partendo dal naufragio dell’immagine in un’iconosfera satura? Bernardì Roig ha recentemente presentato una grande mostra al Museo Carlo Bilotti di Roma, incentrata sugli ultimi suoi sei anni di produzione artistica. Precedentemente, la stessa mostra ,venne presentata al PMMK, Musee d’art Moderne de Oostende, al Kampa Museum di Praga (gennaio – febbraio 2007), al KunstMuseum di Bonn (giugno – settembre 2006) e al Domus Artium Museum de Salamanca (aprile – maggio 2006) Attualmente espone al Es Baluard, Museu d’art Modern i Contemporanei de Palma. Presenterà una sua installazione nel chiostro della Cattedrale di Burgos, all’interno del programma “Arte Contemporaneo en La Catedral”. E’ uno degli artisti selezionati per la grande esposizione “Espana 1957-2007”, curata dal critico Demetrio Paparoni, che sarà inaugurata a maggio nel Palazzo di Sant’Elia a Palermo . Bernardì Roig presenterà il prossimo anno la sua mostra personale più ambiziosa, all’Istituto di Arte Moderna di Valencia (IVAM).
 

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